Ho fissato a lungo la pagina bianca del documento di word, volevo darvi tutte le informazioni per visitare la Diga del Vajont ma poi ripensavo alle parole della guida e continuava a venirmi il magone.
Conoscevo già la storia, l’ho conosciuta in modo tremendamente immersivo durante la visita alla mostra Vajont l’onda della morte a Rovigo, ho letto quello che c’era da leggere ma poi ti trovi là, sulla diga, con la tremarella e guardando dritto verso quella che oggi è una nuova Longarone e immagini, immagini quella notte disastrosa, immagini che lì in meno di 5 minuti un’onda dalla potenza di due bombe atomiche aveva devastato tutto.
E viene la pelle d’oca.
Visitare la Diga del Vajont: non adatto a chi soffre di vertigini
Lo ammetto, io soffro tremendamente le vertigini e ormai lo avrete capito se mi seguite su Instagram o se avete letto delle mie altre escursioni, ma nonostante ciò, mi ostino a combattere la mia paura e mi ostino a fare quelle attività vertiginose che una volta concluse mi fanno sentire ancora più viva.
Detto questo però, per chi soffre tanto le vertigini, non è una passeggiata, stiamo parlando di una passerella tutta traforata che, sebbene sicurissima, fa vedere sotto, questo significa che è molto facile perdere un attimo la bussola vedendo il vuoto sotto ai piedi.
La passerella è una vera e propria gabbia metallica, sia sotto che ai lati che sopra ci sono le griglie che proteggono i visitatori, è impossibile cadere giù, è solo tanto vertiginoso.
Come funziona la visita alla Diga del Vajont
Vi parlo della visita fatta dopo il Covid, quindi con le nuove misure di distanziamento sociale. Si tratta di una visita breve di circa 50 minuti, di cui 20 sono di spiegazione iniziale fatta dalla guida alla chiesetta commemorativa all’inizio del coronamento della diga e un buon quarto d’ora di spiegazione viene fatto dopo, una volta percorso il coronamento è arrivati dall’altro lato della diga.
Potete prenotare la visita sul sito di VivaTicket, vi lascio il link diretto.
La guida, a mio avviso è stato bravissimo a spiegare tutto, racconta la storia della diga sin dalle sue origini, racconta i dettagli del disastro e spiega bene la portata di quello che Dino Buzzati descrisse come: “Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è traboccata sulla tovaglia”.
Peccato che il sasso crollò in 30 secondi dentro alla diga colma d’acqua e in meno di 5 minuti l’onda d’urto generò una potenza tale pari a 2 bombe atomiche che spazzarono via Longarone in un attimo.
Alla faccia della tovaglia.
È con franchezza che parla la guida, spiega la storia senza troppi fronzoli, una storia fatta di egoismo, quell’egoismo forte che rende cieche le persone anche davanti all’evidenza.
I resti della frana sono davanti ai vostri occhi. Vedete il punto esatto in cui la frana preistorica si è staccata dalla montagna e tutta la parte in cui si cammina e si parcheggia l’auto sono proprio i detriti di quella frana.
Mette i brividi.
Come vi dicevo comunque, la visita è piuttosto veloce, la sua carica emotiva invece ha un impatto di lunga durata.
Comunque, sul lato pratico, una volta fatta la visita, potete visitare i paesi di Erto e Casso a pochi tornanti di auto, oppure scendere al paese di Longarone, definito il paese del gelato, visitare il paese e il museo del Vajont.
Noi sulla via del ritorno, ci siamo fermati alle Grotte del Caglieron, nella provincia di Treviso, ma questo perché tornando a Ferrara, eravamo di strada.
Dove parcheggiare al Vajont
Una volta arrivati a Longarone con l’auto, vedrete la diga da lontano, è imponente e un pizzico terrificante. Passerete una serie di gallerie da cui si intravede sempre la diga fino ad arrivare sulla SR251. Qui ci sono diversi parcheggi.
Il primo che incontrate è quello accanto al punto informazioni, sempre pieno, vi suggerisco di andare avanti e di parcheggiare in uno dei parcheggi subito dopo, ce ne sono ben 4 dove poter lasciare l’auto, sono a pagamento e il prezzo giornaliero è di 5 euro.
Unica nota negativa i bagni, ci sono solo in uno dei parcheggi ed erano chiusi, questo ha creato non pochi disagi a tutti i visitatori che come noi, volevano andare in bagno. Siamo quindi ritornati verso Longarone e ci siamo fermati al Bar ristorante Dolomiti Al Fogher, molto carino, con tanti posti sia dentro che fuori e un bel parcheggio proprio davanti all’ingresso. Abbiamo preso un caffè, anche se il profumo in sala era molto invitante, e usato il bagno quindi ecco, se li trovate ancora chiusi, vi do questa dritta.
Beh, cari lettori, se siete interessati ad approfondire qualcosa di più sul Vajont vi invito a leggere il post dedicato alla mostra immersiva di cui vi parlavo all’inizio e poi che dire, consiglio a tutti di visitare la Diga del Vajont, fa riflettere, fa piangere, fa capire che certi errori non si dovrebbero più ripetere.
#StayCappellacci
Grazie per aver letto il mio articolo. Mi chiamo Sara, sono una content creator di professione e travel blogger per passione.
Qui puoi sapere chi è Cappellacci a Merenda e scoprire l’origine del mio nome.
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3 pensieri su “Visitare la Diga del Vajont: una stretta al cuore e la tremarella alle gambe”
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Sono stata diversi anni fa nei luoghi che hai descritto. È impossibile non tornare con la mente a quella notte terribile. Grazie per le informazioni pratiche.
Ho fatto la visita con il magone, non smettevo di pensarci. Vale la pena visitarle ancora solo per vedere con i propri occhi cosa può succedere